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trettamente legato al mondo finanziario, il termine Ebitda è in particolar modo riferito al calcolo del risultato operativo di un’azienda e ai report finanziari delle società quotate sul mercato. Capita spesso anche di sentire analisti finanziari che si occupano di esaminare le stime sul prezzo obiettivo di titoli azionari di aziende quotate e che sono soliti utilizzare proprio il termine Ebitda.
Spesso, gli analisti finanziari usano infatti il termine Ebitda riferendosi alla valutazione di un titolo azionario, utilizzato sia per le stime del presente sia per l’andamento futuro.
L’acronimo di Ebitda sta per Earnings before interests, taxes, depreciation and amortization che, secondo la traduzione italiana, sta per utili prima degli interessi, delle imposte, del deprezzamento e degli ammortamenti.
Un equivalente è spesso considerato il Margine operativo lordo.
L’Ebitda può essere utile per la valutazione delle aziende che operano in uno stesso settore – dato che riassume in qualche modo il valore che esprimono – ma anche per stimare i titoli azionari delle stesse.
L’Ebitda è un indicatore che si deve tenere in considerazione in relazione ad esempio ai conti trimestrali di un’azienda o alle previsioni condotte dall’analista finanziario, soprattutto per conoscere il valore delle azioni o la possibile crescita di margine nel futuro.
L’Ebitda è un dato fondamentale per cercare di capire il possibile andamento dell’azienda che si sta valutando ovvero se un’azienda ha la possibilità di produrre un certo valore con la gestione operativa in un determinato orizzonte temporale.
In questo modo, ogni investitore ha la possibilità di conoscere il potenziale di una specifica azienda sulla quale si vuole investire e sulla capacità della stessa azienda di poter generare reddito in futuro.
Il moltiplicatore Ebitda, essendo però un vero e proprio strumento di previsione, potrebbe essere soggetto a un certo margine di errore di valutazione. Una delle critiche poste a tale strumento di calcolo è la mancanza di una regolamentazione che fornisca uno standard condiviso sulla composizione dell’Ebitda nel dettaglio.
La mancanza di una generale regolamentazione può favorire l’utilizzo distorto del calcolo Ebitda: ad esempio, per nascondere le possibili carenze di redditività.
In Italia, l’Ebitda viene anche chiamato Mol (Margine Operativo Lordo) ma va sottolineato che le due denominazioni non sono un sinonimo, trattandosi di due indici che si differenziano, anche se lievemente.
Il Mol è un buon indicatore di redditività del valore della gestione caratteristica di un’azienda e del suo flusso di cassa operativo.
Definito anche indicatore alternativo di performance, il Mol viene ugualmente utilizzato per valutare l’andamento della gestione economica finanziaria dell’azienda, pur essendo escluso dai principi contabili IFRS-EU (International Financial Reporting Standards) ossia i principi finanziari standard internazionali.
Pur essendo molto simili, l’Ebitda e il Mol si differenziano principalmente per il fattore degli accantonamenti che, per ottenere l’Ebitda, vengono dedotti, mentre nel calcolo del Mol non sono considerati (come gli ammortamenti).
Ciò comporta che il valore relativo all’Ebitda sarà logicamente inferiore a quello del Mol, portando ad una stima del potenziale flusso di cassa operativo decisamente più prudente rispetto ai valori ottenuti tramite il calcolo del Mol.
L’Ebitda viene calcolato tramite una specifica formula che consente di capire quali possano essere le potenzialità di un’attività aziendale e di effettuare delle previsioni sulla redditività aziendale.
Il calcolo della formula può essere effettuato tramite due modalità.
La prima modalità prevede che vengano sommate e sottratte diverse variabili, nello specifico:
Utile lordo + Accantonamenti + Ammortamenti + Svalutazioni – Plusvalenze + Minusvalenze + Oneri finanziari – Proventi finanziari + Costi non caratteristici – Ricavi non caratteristici.
La seconda formula utile a calcolare il valore dell’Ebitda è decisamente più semplice: al valore della produzione occorre sottrarre i costi delle materie prime, i costi dei servizi, i costi del personale e i costi di funzionamento.
Semplificando, per cercare di fornire dei parametri di riferimento, i valori inferiori al 10% rispetto al fatturato consentono di valutare come non brillante il valore dell’azienda, tra il 10% e il 15% un risultato discreto, tra il 15% e il 20% un buon risultato. Infine, tutti i valori maggiori del 20% indicano che l’azienda – così come ogni suo comparto – potrebbe ottenere una crescita futura senza dover ricorrere a debiti nel breve-medio periodo.
In pratica, l’Ebitda rappresenterebbe la redditività del business aziendale ma al netto di tutte le variabili che incidono sulla gestione della società.
Il calcolo dell’Ebitda non deve necessariamente essere effettuato continuamente. È sufficiente visionare i bilanci della società e i report per sottoporre l’azienda ad un’attenta analisi della redditività.
L’Ebitda risulta particolarmente utile ai fini dell’ottenimento anche di altri indicatori per la valutazione della società, come il Debt/Ebitda o l’Enterprise Value/Ebitda. Con il primo, viene misurata la capacità di un’azienda di riuscire ad affrontare gli impegni con i debitori, grazie al ricorso alla sola gestione operativa (senza quindi tener conto degli interessi, delle imposte, del deprezzamento dei beni e degli ammortamenti). Il secondo elemento indica invece il rapporto tra la capitalizzazione di borsa di un titolo quotato (valore di un’azienda) e l’Ebitda. Nello specifico, l’Enterprise Value si ricava come prodotto tra il prezzo corrente di un titolo e il numero di azioni che compongono il capitale sociale, al quale va aggiunto l’indebitamento finanziario netto.
Tali indicatori sono utili per cercare di confrontare la redditività operativa di un’azienda con il suo debito o con il valore complessivo della stessa. In tal modo, è possibile dedurre se la società è in grado di ripagare i propri debiti o se è in grado di aumentare il proprio valore nel tempo.
La maggiore critica posta nei confronti dell’Ebitda è relativa proprio alla tipologia di calcolo, che prevede l’esclusione dalla formula di alcuni ammortamenti, che invece sarebbero fondamentali, e di altri costi.
Nonostante l’Ebitda sia forse manipolabile per riuscire a garantire un calcolo esatto della profittabilità di un’azienda, sono diversi i professionisti che si servono di questa formula per valutare un’azienda.
In realtà, però, a parte chi lo utilizza per rappresentare la propria azienda, magari per presentare un’immagine positiva dei risultati, i professionisti analisti non utilizzano mai tale calcolo da solo ma insieme ad altri indicatori di profittabilità.
Il calcolo dell’Ebitda non è esente da possibili problematiche.
La prima è relativa alla totale assenza di un dato standard contabile, valido da un punto di vista legale, che possa regolamentare l’Ebitda in dettaglio. La mancanza di una regolamentazione standard può rendere in alcuni casi poco attendibile il calcolo della profittabilità dell’azienda.
Inoltre, il calcolo dell’Ebitda non tiene in considerazione l’applicazione delle tasse e degli interessi, che possono avere un peso importante nei bilanci di una società. Non è raro, infatti, che un’azienda possa avere un alto Ebitda ma che, alla fine, possa far registrare delle perdite economiche dovute agli squilibri negli interessi passivi; in altri casi, l’azienda potrebbe stimare in eccesso o in difetto le riserve accantonate come garanzia o per spese di ristrutturazione oppure per possibili debiti futuri: in questo modo, si può anche avere una visione distorta dei profitti, di cui entrano a far parte.
In conclusione, il valore attribuibile all’Ebitda può essere considerato importante per la valutazione di un’azienda ma diventa indispensabile cercare di prenderlo in considerazione insieme ad altri elementi, esaminando ad esempio anche ulteriori indicatori di profittabilità o analizzando magari l’incidenza della gestione extra-operativa sui conti dell’azienda considerata.